La Via Francigena ha una duplice natura: via di pellegrinaggio che si mette in relazione con le mete di Santiago, Roma e Gerusalemme e Itinerario culturale del Consiglio d’Europa.
Una strada, o meglio un fascio di strade, come la Via Francigena va compresa e valorizzata nelle sue molteplici valenze, ma una attenzione particolare bisogna riporla nella meta finale, Roma, che necessita di una maggiore identificazione con il cammino, obiettivo da realizzare prima del grande Giubileo del 2025.
Il pellegrino che, oggi come ieri, si reca ad onorare la tomba di Pietro percorre la via romea e prende l’appellativo di romeo. In generale, nella seconda metà del primo millennio si assiste alla rinascita sociale e culturale in gran parte grazie al lavoro dei monasteri, nei quali si raccoglievano i classici, ma anche resoconti odeporici. Questa è la genesi dei pellegrinaggi in Europa, che hanno fortemente influenzato la storia politica e civile del Continente, contribuendo alla circolazione delle diverse culture nazionali e locali ed alla loro progressiva integrazione.
L’Itinerario di Sigerico prende il suo nome dall’Arcivescovo di Canterbury, che nel 990 si recò a Roma per ricevere dalle mani di papa Giovanni XV il pallio, simbolo della dignità arcivescovile. La sua notorietà è legata al ritrovamento del diario del viaggio di ritorno, dove sono annotate le 79 tappe – tra Roma e l’imbarco per l’Inghilterra – di quella che sarebbe divenuta, nei secoli successivi, la Via Francigena.
Ne parliamo con l’autore di studi sulla Via Francigena Renato Stopani, lo storico Franco Cardini e il Direttore artistico Francigena Collective Project Sandro Polci.